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AS.TRO replica al deputato Giovanni Sanga

11 Maggio 2017

Le dichiarazioni /analisi del deputato in merito al rapporto / correlazione che vi sarebbe tra l’abrogata disposizione della legge n. 190/ 2014 (n.d.a. i 500 milioni di extra-gettito ancora da “vagliare” dalla Consulta), e l’attuale aumento di PREU – AWP dal 17,5 al 19 per cento del COIN IN sono totalmente errate.

Le stesse, infatti, presuppongono che le previsioni di aumento del gettito erariale debbano sempre materializzarsi in decurtazioni oggettive di ricavi, assumendo la singolare funzioni di “punizione” e non già di incremento della fiscalità.

La legge n. 190/ 2014 “aveva” disposto che all’Erario spettavano 500 milioni di extra-gettito per 3 anni. Il primo anno li ha incassati (quantomeno nella parte di competenza dai gestori AS.TRO), il secondo anno ne ha incassati il doppio (aumentando del 4,5% il PREU), ed ora si appresta a bissare quella cifra aggiungendovi altri 200 milioni.

Il fulcro della questione, pertanto, non è la “ricerca” di uno strumento normativo che “renda effettivo e non compensabile dal pay out” – per il gestore di AWP – una perdita di esercizio di 500 milioni l’anno (se così mai fosse la questione avrebbe rilevanza penale), bensì un’altra: il motivo dell’aumento della “ESIGENZA DI FISCALITA’” che l’Erario nutre nei confronti dei soli apparecchi per il gioco lecito, senza coinvolgere in modo “uniforme” tutti i prodotti di gioco pubblico, in primis quelli che proprio dalla legge n. 208/ 2016 hanno ricevuto il “regalo” del passaggio alla tassazione sul margine (con aliquote generosamente allineate ai valori europei più tenui), e per finire quelli che – negli ultimi 10 anni – non sono stati interessati da manovre fiscali incidenti sulla marginalità.

Riassumendo:

  1. i 500 milioni sono stati pagati da tutti gli operatori che – per posizionamento istituzionale (e non per “ammiccare” al Governo) – rispettano la Legge, e che, senza nulla togliere a chi ha legittimamente adito la Magistratura (in opposizione ad una norma ritenuta sbagliata), non hanno l’abitudine di contrapporsi al “titolare” del prodotto gioco pretendendo poi di lavorarci assieme in armonia. Anche in questo settore, pertanto, trova conferma la regola tutta italiana secondo la quale “il non pagare mai è una virtù, pagare sempre è da ingenui.

  2. I 500 milioni si sono trasformati in 980 nell’anno successivo, per via dell’aumento PREU

  3. I 980 milioni, quest’anno, aumenteranno di altri 200 (almeno), per via di un ulteriore aumento PREU.

Così stando le cose, la vera questione che va spiegata agli Italiani, agli Enti Locali, e agli operatori (italiani e europei) che in Italia fanno impresa lecita, con il prodotto gioco dello Stato (evocata proprio oggi dall’A.D. spagnolo di Codere Network, Alejandro Pascual) è la seguente:

ci sarà mai un “limite di tassazione oltre il quale non si andrà, oppure stiamo solo percorrendo un iter che vede l’Erario come tendenziale incassatore di tutta la spesa di gioco degli utenti, con ripudio della “funzione imprenditoriale” della distribuzione del prodotto (e conseguente negazione del diritto al ricavo) ?

La sensazione è che si versi già nella seconda ipotesi, e che detto “disegno” sia funzionale ad una ben precisa idea di semplificazione del sistema che passi, dall’attuale “circuito industriale”, ad un unico general contractor cui affidare (sulla falsariga di quanto già accaduto nelle “giovani” democrazie dell’est Europa) “la patata bollente del gioco”, senza concorrenza, e quindi con poche pretese “industriali”, e senza la zavorra dei “lavoratori”.

Solo un disegno di questa natura giustificherebbe l’ossessione governativa sull’azzeramento dell’unico segmento ad alta incidenza di lavoro e la pervicace tutela di quella “pubblicità” che sta spostando il mercato dal gioco terrestre (malvisto dagli Enti locali) verso l’on line (malvisto dagli psichiatri, che però contano molto meno degli Enti Locali), che già catalizza (in co-abitazione con le lotterie istantanee) il 90% delle preferenze di gioco delle giovani generazioni.

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