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LA REPLICA DI AS.TRO AL QUOTIDIANO GAZZETTA D’ALBA

11 Luglio 2024

Pubblichiamo di seguito la lettera di replica inviata al Direttore responsabile del quotidiano Gazzetta d’Alba, in riferimento all’articolo apparso sull’edizione del 9 luglio u.s. e intitolato <<Paolo Jarre – La legge regionale 19 del 2021si conferma una normativa patologizzante>>.

 

“Bologna, 11 luglio 2024

Spett.le Redazione Gazzetta d’Alba

Alla c.a. del Direttore Responsabile Dott. Giusto Truglia

A mezzo email

 Egregio Direttore,

prendendo spunto dall’articolo pubblicato il 9 luglio u.s. sulla vostra testata e intitolato <<Paolo Jarre – La legge regionale 19 del 2021 si conferma una normativa patologizzante>>, in qualità di Associazione di rappresentanza degli operatori del gioco lecito -aderente a Confindustria SIT-, intendiamo esprimere alcune riflessioni, con l’auspicio che possano rivelarsi utili all’arricchimento del dibattito pubblico sul tema del gioco legale; un dibattito spesso inquinato da venature ideologiche.

È fondamentale partire da una premessa: il legislatore nazionale ha piena facoltà di abolire il gioco legale, così riportando (come inevitabile conseguenza preterintenzionale) il Paese all’epoca delle bische clandestine, del c.d. “picchetto” e dei videopoker illegali.

Appare quindi strano che il Dott. Jarre (stimabile persona annoverabile tra i più accaniti proibizionisti in materia di gioco) non abbia mai lanciato un messaggio chiaro a quelle forze politiche che, soprattutto in Piemonte, hanno fatto propria la sua “crociata politica” contro il gioco legale – forze politiche ampiamente rappresentate anche nel Parlamento nazionale – affinché presentassero una proposta di legge per l’abolizione tout court del gioco pubblico legale invece che farsi promotrici, sotto le linee ispiratrici dello stesso Dott. Jarre, della strategia surrettizia (che ispirava, per l’appunto, la legge regionale 9/2016) di chiudere le imprese già esistenti che ne esercitano lecitamente l’offerta e di mettere sulla strada i dipendenti che lavorano in questo settore.

Al di là di lucchetti che il Dott. Jarre vorrebbe apporre sulle saracinesche degli esercizi che offrono gioco lecito (mediante il ripristino della legge regionale 9/2016), il tema è di più ampia portata: infatti, il legislatore potrebbe, oltre che abolire il gioco lecito, anche vietare la vendita delle sigarette, degli alcolici, dei cibi ad alto contenuto di grassi, delle bevande con un’alta percentuale di zuccheri, ecc.

Si tratterebbe di una scelta che, pur eliminando la liceità dell’offerta di prodotti obiettivamente dannosi per la salute dei cittadini, rappresenterebbe un’inaccettabile (almeno in un ordinamento liberaldemocratico) imposizione autoritaria degli stili di vita personali a cui i cittadini dovrebbero obbligatoriamente uniformarsi, oltre a rappresentare una scelta inefficace rispetto all’obiettivo che la ispirerebbe: la domanda di tali prodotti, ampiamente radicata, da tempo immemore, nelle abitudini di una parte rilevante della popolazione, andrebbe infatti a rivolgersi ai nuovi mercati neri che verrebbero inevitabilmente a crearsi.

Questo dovrebbe insegnarci che, non vivendo in una “medicocrazia”, il legislatore democratico, nell’assumere le decisioni, deve prendere in esame la realtà in tutta la sua complessità e quindi bilanciare la tutela del bene primario della salute dei cittadini con le altre esigenze su cui si fondano le democrazie liberali:

1) la tutela della legalità che, difronte a fenomeni ampiamente radicati nelle abitudini collettive, non si ottiene attraverso lo strumento della proibizione;

2) la tutela delle libertà individuali il cui esercizio non pregiudichi le altrui libertà;

3) la garanzia che i prodotti messi in commercio e i soggetti che li offrono sul mercato rispettino determinati requisiti e limitazioni, posti a tutela dei consumatori, che i mercati clandestini non garantiscono;

4) la tutela dell’affidamento degli imprenditori e dei lavoratori nella stabilità del quadro ordinamentale sulla base del quale hanno aperto l’impresa o scelto la propria occupazione.

Ebbene, la tanto declamata legge 9/2016, a cui vorrebbero tornare il Dott. Jarre e le forze politiche piemontesi che si ispirano al suo credo, non rispettava alcuna delle suddette condizioni.

Sul piano della tutela della legalità, dai dati forniti dalla Guardia di Finanza risulta che le imposte evase e recuperate, relative al settore del gioco, sono aumentate del 864% dal 2016 al 2018. Per la precisione, si è passati da 476.838 euro a 4.596.919 euro. È un dato che riflette l’aumento del gioco illegale, vista l’impossibilità per gli apparecchi legali di sfuggire ai controlli (in tempo reale) che l’Amministrazione esercita sui relativi flussi di denaro (fonte CGIA Mestre <<Il settore del gioco lecito – comparto degli apparecchi con vincita in denaro in Piemonte>> – ottobre 2020).

Dal punto di vista dell’affidabilità dei canali di offerta, dalle vicende che hanno di recente coinvolto alcuni calciatori professionisti, rivoltisi al mercato illegale del gioco, tutti hanno potuto apprendere dei rischi corsi da questi ragazzi sul piano della loro sicurezza personale.

Peraltro, risulta dallo stesso studio della CGIA Mestre che durante il periodo di vigenza della legge regionale 9/2016, a fronte dell’inevitabile contrazione della domanda di gioco mediante apparecchi (dovuta, certamente, non al venir meno della relativa domanda ma alla chiusura delle attività preesistenti imposta dalla suddetta legge) la raccolta complessiva del gioco lecito è aumentata del 7% (un dato che, quindi, non tiene conto dell’ulteriore spostamento della domanda verso l’offerta illegale). Questo significa che la domanda si è automaticamente spostata su altri prodotti di gioco.

Sul piano della tutela del principio dell’affidamento, principio di rango costituzionale, la legge regionale 9/2016 ha avuto solo il “merito” di provocare la chiusura di migliaia di imprese già esistenti sul territorio e regolarmente autorizzate dallo Stato e di aver provocato la perdita di circa 5 mila posti di lavoro. Tale legge è rimasta peraltro inattuata su altre disposizioni in essa contenute che, meritoriamente, introducevano strumenti di prevenzione del fenomeno della dipendenza – basati sul miglioramento delle reti di assistenza socio-sanitaria e sull’implementazione di campagne educative e informative – diversi da quelli, rivelatisi del tutto inefficaci, che hanno condotto al fenomeno (unico in Italia, insieme a quello dell’Emilia-Romagna) della disoccupazione provocata per legge.

Pertanto, la tanto deprecata (dal Dott. Jarre) legge 19/2021, per quanto perfettibile, ha avuto il merito, nella sua attuazione, di aver implementato le strategie di prevenzione diverse basate sulle campagne educative e di informazione e sul rafforzamento delle reti di assistenza socio-sanitaria.

Ha avuto l’ulteriore merito di aver ripristinato il principio democratico del legittimo affidamento (eliminando l’applicazione retroattiva del c.d. “distanziometro), il tutto mantenendo (razionalizzandolo) il principio, per le attività nascenti dopo la sua approvazione, delle distanze minime da determinati luoghi sensibili.

Sperando di aver offerto un utile apporto al dibattito, La ringraziamo anticipatamente per la pubblicazione di questo contributo e porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Il Presidente AS.TRO – Confindustria SIT

Massimiliano Pucci”

 

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