Legge di bilancio 2020: il bonus patrimonializzazione
Il ritorno dell’incentivo fiscale di aiuto alla crescita economica, ovvero Ace, di fatto ripristinato dal comma 287 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2020 (la n. 160/2019), è stato salutato con estremo favore dal sistema-Impresa italiano. Infatti, dall’esordio, nel 2011, si è osservato, scorrendo le statistiche elaborate annualmente dal Mef, un incremento costante nell’utilizzo del meccanismo fiscale e un aumento dei soggetti Ires che ne hanno effettivamente beneficiato, prima della sua cancellazione con la legge di Bilancio 2019.
Il ripristino dell’agevolazione, finalizzata alla capitalizzazione delle imprese, istituita dall’articolo 1 del Dl n. 201/2011 e abrogata dalla legge di Bilancio 2019, ha effetto immediato. Infatti, la norma ne fissa il reinserimento a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, in sostanza, dal 2019.
L’applicazione del trattamento fiscale agevolato ora ripristinato, denominato Ace, si rivolge alle società di capitali, agli enti commerciali e alle stabili organizzazioni italiane di non residenti, agli imprenditori individuali, alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, purché in contabilità ordinaria. Rimangono esclusi dal beneficio gli enti non commerciali anche se svolgono attività di impresa.
Pertanto, l’agevolazione spetta alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva. La finalità è quella di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese. Ad ogni modo, dal punto di vista dell’analisi industriale, i settori con il maggior numero di soggetti interessati dall’Ace sono quelli del commercio (ingrosso e dettaglio) e del manifatturiero, seguiti dalle attività immobiliari e dal settore delle costruzioni. Mentre, dal punto di vista dell’ammontare delle deduzioni, il settore finanziario e assicurativo è il maggior beneficiario, seguito dal settore manifatturiero.
L’agevolazione si sostanzia nella detassazione di una parte degli incrementi del patrimonio netto, o meglio nella deduzione di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio.
In particolare, il ricorso all’Ace consente di dedurre dal reddito delle società di capitale, di persone e delle ditte individuali in contabilità ordinaria un importo che corrisponde al rendimento figurativo degli incrementi di capitale. Per calcolare l’importo deducibile è necessario effettuare la sommatoria dei componenti che hanno inciso positivamente (conferimenti, utili accantonati) e negativamente (riduzioni di patrimonio con attribuzione ai soci, acquisti di partecipazioni in società controllate, acquisti di aziende o rami di aziende) sul capitale. Il risultato così ottenuto viene confrontato con il patrimonio netto contabile risultante dal bilancio di esercizio, determinando l’incremento patrimoniale effettivo, ossia la “base” di calcolo dell’Ace. L’importo deducibile, infatti, è fissato moltiplicando tale “base” per un’aliquota percentuale, che la nuova legge di Bilancio ha fissato all’1,3 per cento.
Dopo la sua istituzione, avvenuta con l’articolo 1 del Dl n. 201/2011, un primo mutamento significativo fu apportato con la legge di bilancio 2017 che modificandone in parte il meccanismo stabilì una serie di “criteri”: innanzitutto, chiarì che nell’ambito delle procedure che disciplinano la crisi dell’impresa, la eventuale riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per l’eccedenza relativa all’Ace; in secondo luogo, introdusse specifiche limitazioni all’utilizzo delle eventuali eccedenze di Ace; e ancora, per i soggetti diversi dalle banche e dalle imprese di assicurazione, stabilì che la variazione in aumento del capitale proprio non avesse effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010; in ultimo, estese l’applicazione dell’Ace alle persone fisiche, alle società in nome collettivo e a quelle in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria.
Ulteriori modifiche sono intervenute in seguito all’approvazione del Dm 3 agosto 2017 che, di fatto, ha operato la revisione delle disposizioni di attuazione della disciplina Ace, per introdurre norme di coordinamento con le nuove regole contabili introdotte dal Dlgs n. 139/2015. In particolare, il decreto ha escluso la rilevanza, ai fini del beneficio, di alcune appostazioni contabili che incidono sul patrimonio netto e ha stabilito regole attuative della sterilizzazione della base Ace in presenza di investimenti in titoli non partecipativi. Inoltre, ha modificato le disposizioni antielusive, introducendo nuove regole volte a sterilizzare quelle operazioni che, in particolare all’interno del medesimo gruppo di imprese, possano favorire capitalizzazioni di comodo. Le novità più rilevanti riguardano l’allargamento del perimetro delle società rientranti nella definizione di gruppo ai fini Ace e la riduzione della base Ace per apporti in denaro provenienti da soggetti domiciliati in Paesi non white list.
Fonte: Fisco Oggi