«Il nuovo progetto di legge della Giunta regionale del Piemonte sul contrasto al gioco patologico esclude gli esercizi generalisti dalla possibilità di riattivare gli apparecchi che sono stati dismessi in applicazione della legge del 2016», ma è giusto che «anche ai bar che hanno dovuto togliere gli apparecchi sia consentito poterli reinstallare: siamo pronti a discutere di un eventuale contingentamento degli apparecchi, sia per quanto riguarda il numero all’interno di ciascun esercizio in proporzione alla sua superficie, sia per quanto riguarda la loro distribuzione». Lo ha detto l’avvocato Massimo Piozzi del Centro Studi As.tro, oggi in audizione nelle Commissioni riunite Commercio, Sanità e Legalità del Consiglio regionale del Piemonte, sul nuovo disegno di legge della Giunta per il “Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico". «Abbiamo rinnovato la necessità di riformare la legge regionale del Piemonte sul contrasto al gioco patologico, soprattutto nella parte che prevedeva la retroattività», ha spiegato Piozzi. La legge, poi, ha fallito nel suo obiettivo principale, quello del contrasto alla dipendenza. «I rappresentanti del Gruppo Abele, ascoltati in audizione, hanno detto che dal 2016 in poi c’è stato un grosso afflusso di utenti presso i loro centri di ascolto dedicati al gioco patologico: l’obiettivo della legge era eliminare o ridurre la ludopatia, quindi questo equivale a dire che la legge non ha funzionato», ha continuato Piozzi. Nel corso dell’audizione «abbiamo sottolineato gli effetti devastanti dell’espulsione del gioco lecito sul piano dell’occupazione e della legalità: da parte della maggioranza abbiamo trovato particolare attenzione, molto scetticismo invece da parte dell’opposizione, che non crede al rapporto causa/effetto tra l’espulsione del gioco legale e il rifiorire del gioco illegale», ha spiegato. «Riteniamo che l’esclusione degli esercizi generalisti dal nuovo disegno di legge - quindi l’espulsione del gioco dal territorio - avrebbe gravi ripercussioni sulla tutela della legalità» e «abbiamo sottolineato anche il danno che questa esclusione comporterebbe alle piccole e medie imprese italiane che si occupano di gestione degli apparecchi», ha concluso.
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